Un trionfo di spiagge e foreste tropicali, un cuore nero come l'Africa e una profonda anima creola: ecco Guadalupa, isola caraibica fino all'osso, solo che qui si entra senza passaporto e si usa l'euro, come in un qualsiasi altro paese dell'Unione Europea. Magie delle terre francesi d'oltremare...
Guadalupa, la più estesa delle piccole Antille, ha due facce: Grande Terre e Basse Terre, due isole adiacenti collegate da un ponte. Non fatevi ingannare dai nomi, che sembrano dati a casaccio Quella che si chiama Basse Terre ha un profilo montagnoso, dominato da un vulcano alto quasi 1.500 metri; l'altra è invece un'isola bassa, con un territorio pianeggiante mosso solo da dolci colline, ed è la più piccola delle due, pur chiamandosi Grande Terre.
Quando si trattava di nomi, i francesi mostravano sempre poca fantasia, tant'è che di posti chiamati Basse Terre ne troviamo parecchi in giro per il mondo; la colpa è però del vocabolario marinaresco dell'epoca, che con quei termini voleva indicare quanto vento c'era: la Grande Terre che si trova ad est, sopravento, è spazzata dagli alisei e i suoi fianchi sono battuti dalle onde dell'Atlantico; la Basse Terre, più alta e situata ad ovest, sottovento, offre baie ridossate e protette.
Le isole di Guadalupa hanno ognuna il proprio carattere. Basse Terre è ricoperta da un manto di vegetazione, che si fa via via più fitta e varia salendo sui rilievi: felci gigantesche che si aprono a ombrello, palme reali, maestosi alberi della gomma e di mogano con i tronchi rivestiti da un intreccio di liane e rampicanti, orchidee, eliconie e numerose altre specie vegetali. Invece il verde della Grande Terre, che foreste non ne ha, è quello della canna da zucchero, che ricopre i campi ondulati fin quasi a perdita d'occhio.
Le spiagge di Basse Terre si susseguono lungo una costa tormentata, incorniciate dalle rocce e dalla vegetazione; la sabbia, a volte scura a volte dorata ma quasi mai bianca, svela la natura vulcanica dell'isola. A Grande Terre, che invece è formata da una piattaforma calcarea, le spiagge sono bianche come la farina e protette da lunghi tratti di barriera corallina.
La costa meridionale di Grande Terre con il suo susseguirsi ininterrotto di grandi alberghi sembra un vacanzificio del tutto organizzato, Basse Terre dà l'impressione di un luogo più appartato. Grande Terre piace agli amanti del dolce far niente, Basse Terre fa innamorare gli escursionisti e gli appassionati di madre natura.
Se quest'isola bifronte non bastasse ancora ad accontentare i vostri gusti ci sono i territori annessi, quella manciata di isole e isolette a un tiro di schioppo da Guadalupa: Les Saintes, un gruppetto di isolotti collinosi con le casette dai tetti arancio, La Desirade con un paio di mila residenti che si spartiscono con i cactus e le iguane un'esile striscia di terra arida, e Marie Galante, la più dolce di tutte, regno incontrastato della canna da zucchero e del rum.
Marie Galante ospita vecchi mulini e distillerie storiche, come la Poisson, che produce il Rhum du Père Labat, intitolato al frate dominicano e abile agronomo che fu tra i primi a perfezionare gli alambicchi per ottenere
rhum agricole di buona qualità. Questo distillato bianco, ricavato direttamente dal succo di canna da zucchero fresco e con una gradazione alcolica di 59° (solo Marie Galante ha un permesso speciale per produrre un rum tanto esplosivo), è usato dai locali per preparare il
ti-punch,
il delizioso aperitivo delle isole di Guadalupa: due dita di rum, zucchero e lime.
E' una tradizione, un rito, un appuntamento fisso che anche i forestieri non mancano di apprezzare.
Il percorso della lavorazione della canna, illustrato al Musée du Rhum con dovizia di particolari, dalla raccolta fino alla produzione di cristalli di zucchero o di barili di rum, non può prescindere da un tragico passato che ha lasciato un segno indelebile in quasi tutte le isole dei Caraibi.
Anche se la coltivazione della canna occupa oggi non più di un quarto delle terre dell'arcipelago, per quasi tre secoli lo zucchero ha dominato l'economia di Guadalupa e dell'intera regione caraibica; e per quasi tre secoli l'oro bianco è stato oggetto del contendere nelle guerre e asse motore del vergognoso traffico di schiavi dall'Africa verso il Nuovo Mondo.
Con l'abolizione della schiavitù si accelera il declino dell'industria saccarifera, cominciato alcuni decenni prima, quando l'Europa scopre di poter ricavare zucchero anche dalla barbabietola. Ma se gli schiavi riconquistano la libertà, l'élite bianca non perde i propri privilegi. Privilegi che, a ben guardare, sono ancora oggi destinati ai grandi proprietari terrieri (beké) e che scatenano tensioni sociali, anche dopo anni di lotte per la giustizia razziale.
La pesante eredità lasciata da schiavismo e colonialismo fa parte della memoria storica di Guadalupa, ma aiuta a capire meglio anche il presente. L'apporto culturale degli schiavi neri nella musica, nella religione e in tutte quelle espressioni di pensiero che testimoniano la straordinaria originalità culturale delle popolazioni creole è un aspetto fondamentale della multiforme società antillese. L'altro imprescindibile elemento è il perdurare dell'influenza dell'ex colonizzatore, che alcuni sentono come una dipendenza forzata dell'isola e della sua gente dalla métropole.
E' vero che grazie ai sussidi pubblici francesi a Guadalupa si vive meglio che in molte altre isole dei Caraibi; ma è anche vero che si combatte con salari ancora da terzo mondo contro un costo della vita a livelli europei. Ogni tanto Guadalupa scoppia e il suo spirito ribelle esplode in scioperi, rivolte e rivendicazioni.
Poi, l'isola più indipendentista della galassia francese d'oltremare torna ad assopirsi sotto il sole dei Tropici. Ma sotto sotto ribolle, un po' come fanno le viscere della Soufriere.
Fa parte del fascino di Guadalupa, quello che è facile trovare nelle spiagge da cartolina, nella vegetazione prorompente o nel vociare di strade e mercati, ma che sta anche nel suo volto più intimo e autentico. Basta superare i soliti cliché.