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Samoa

Perché andare

Le due grandi isole di Upolu e Savaii e qualche altra isoletta sono le terre che formano lo stato indipendente delle Western Samoa, o semplicemente Samoa. Una sessantina di miglia le separano dalle isole cugine, le American Samoa, territorio non incorporato degli Stati Uniti.
A sud delle Samoa ci sono gli arcipelaghi di Tonga e Cook, a ovest le Fiji e più lontano, a est, il mosaico di isole della Polinesia Francese.
In sintesi le Samoa occupano un posto centrale in quella porzione di Pacifico che più di altre esercita grande fascino ma che racchiude un mondo e realtà assai diversificate.

La capitale Apia, sull’isola di Upolu, è un’accogliente cittadina tropicale con tutte le carte in regola per piacere: l’ambiente e lo stile di vita sono quelli che Papeete non ha più. Al Maketi Fou, l’affollato mercato dove si trova ogni tipo di prodotto disponibile alle Samoa, si va per vendere, per comprare o soltanto per chiacchierare e bere la ‘ava. Il viavai di persone e cose è continuo; i membri delle famiglie samoane, per non perdere gli spazi di vendita occupati, fanno i turni e quindi questo singolare posto rimane sempre aperto, anche di notte.

Gran parte delle attività di Apia si concentrano su Beach Road: negozi, banche, uffici governativi, il mercato delle pulci e quello del pesce, qualche edificio risalente al periodo coloniale e le tante chiese. E’ su questo lungomare, giusto davanti al porto, che si affaccia uno degli hotel più leggendari del pacifico meridionale, intitolato alla sua fondatrice, Aggie Grey.
Aperto negli anni quaranta, quando Apia era poco più di un villaggio, il piccolo locale cominciò a vendere hamburger ai militari americani di stanza nel pacifico; finita la guerra, l’unico hotel di tutte le Samoa si ingrandì, accogliendo vagabondi da mezzo mondo. Ma ad alimentare il mito furono soprattutto attori, scrittori e le tante celebrità che lo hanno frequentato durante i loro pellegrinaggi nel Pacifico: le foto d’epoca e i fale del giardino, con i nomi di chi vi ha soggiornato, ricordano la storia di un posto che, per quanto rinnovato e gestito oggi dalla nipote di Aggie, conserva parte della sua proverbiale ospitalità.

Da Apia, una strada attraversa l’interno di Upolu e porta alle belle spiagge della costa meridionale: la prima sosta obbligata del percorso è Vailima, la villa-museo di Stevenson, dove l’uomo delle Lettere dai mari del sud passò i suoi ultimi anni.
Proseguendo si incontrano le Papapapai-tai falls, un salto di 100 metri di acqua dolce che precipita formando una fresca piscina nel sottobosco tropicale.

L’interno di Upolu è interamente occupato da valli e montagne, a volte scoscese ma meno aspre e inaccessibili di quelle di Tahiti. La vegetazione è ricca di felci arborescenti e piante epifite, che crescono rigogliose grazie al suolo vulcanico e al clima umido ma gran parte della foresta pluviale originaria è stata abbattuta e rimpiazzata da estese piantagioni.
Di conseguenza, sono quasi completamente scomparse molte specie animali endemiche, come i flying fox, i pipistrelli frugivori considerati una prelibatezza e quindi soggetti, fino ad una decina di anni fa, ad una caccia sfrenata.
Per salvaguardare l’habitat di queste specie è stato creato il Le Pupu-Pu’e National Park, un’area di 3.000 ettari di foresta tropicale attraversata da sentieri escursionistici; uno di questi porta ad uno spettacolare camino lavico, la Pe’ape’a Cave, mentre ai limiti del parco si trovano le Togitogiga falls, che formano un’articolata serie di laghetti, ideali per fare un tuffo.
L’area protetta meno visitata ma forse la più bella di Upolu, dove mare e foresta sono rimasti allo stato primordiale, è la Uafato Conservation area, nella regione nord orientale dell’isola.

Quanto alle spiagge, qualsiasi descrizione non sarebbe sufficiente a renderne la bellezza: impossibile scegliere tra le tante della costa meridionale o tra quelle del distretto di Aleipata. Una delle più celebri è Lalomanu beach, la si riconosce subito dall’isoletta che ha davanti, la piccola Nu’utele, poco più di uno scoglio dove si viene accolti da granchi dei cocchi, tartarughe marine e colonie di uccelli.
Il villaggio di Lalomanu ha purtroppo riportato gravissimi danni nello tsunami del 30 settembre 2009, fale e chalet turistici tutto andò distrutto e le spiagge si coprirono di detriti. I lavori di ricostruzione sono tuttora in corso ma la zona ora è perfettamente agibile, le strutture turistiche sono aperte e anche la barriera corallina sta recuperando, sebbene sia ancora convalescente.
Lo tsunami del 2009 devastò la costa sudorientale e buona parte di quella meridionale di Upolu ma il resto dell’isola non fu colpito. Anche Savai’i, la più grande ma meno popolosa isola dell’arcipelago, fu risparmiata dalla furia delle onde.

Savai’i possiede perfette lagune, splendidi fondali e spiagge orlate di cocchi; e c’è anche molto altro. A cominciare dal fenomeno naturale più spettacolare, i Blowholes di Alofaaga: più che semplici soffioni, sono maestose colonne di acqua marina vaporizzata attraverso la barriera a decine di metri d’altezza.
Poi le distese laviche della regione nord orientale, impressionante risultato dell’attività eruttiva del Matavanu: l’immenso cratere di questo cono vulcanico è una piacevole e, tutto sommato, poco faticosa escursione.
Infine, nel folto della vegetazione della Letolo Plantation, Pulemelei Mound, il tumulo megalitico più antico di tutta la Polinesia. E, dopo la visita al sito, una meritata nuotata nelle piscine ai piedi delle cascate Afu Aau.

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