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Storie dai Tropici

Golfo del Messico: il fondale marino è un cimitero

(Washington, USA - 21/2/2011)

Qualche giorno fa la BP ha diffuso un rapporto in cui si legge che il petrolio fuoriuscito nel Golfo del Messico a seguito dell'esplosione della Deepwater Horizon sarebbe sparito entro il 2012, disgregato da batteri “spazzini”.
Non la pensa così un gruppo di biologi marini dell'Università della Georgia, che con l'aiuto di un sommergibile ha condotto diverse rilevazioni nel mese di dicembre e le ha confrontate con le analisi del fondale effettuate la scorsa estate.

Vaste aree del fondo marino sono coperte da uno strato di residui petroliferi, spesso fino a 10 centimetri, completamente privo di forme di vita: un cimitero, lo ha definito Samantha Joye, responsabile della ricerca.
Secondo gli scienziati statunitensi ci potrebbe volere un decennio prima che gli effetti devastanti del petrolio sull’ecosistema marino siano pienamente visibili.

Gli organismi bentonici sono scomparsi: coralli, gorgonie, granchi, stelle marine e tutti gli organismi vertebrati e invertebrati che vivono a stretto contatto con il fondo marino sono morti, inclusi i cetrioli di mare, normalmente abbondanti anche in quelle zone dove si verificano infiltrazioni naturali di petrolio e di gas.
Questa vasta comunità di organismi è alla base della catena alimentare, in quanto costituisce la maggiore fonte di cibo per le forme di vita marina di maggiori dimensioni, compresi i pesci che finiscono sulle nostre tavole.

Il danno risulta evidente anche al di sopra della fascia bentonica, dove già si riscontra un'elevata mortalità di meduse. Secondo i ricercatori, le prime serie ripercussioni sull'industria ittica si cominceranno a vedere nel 2012. Dopo il disastro della Exxon Valdez, ci vollero anni prima di rendersi conto che la pesca all'aringa sarebbe definitivamente crollata.

Altri dettagli su: BBC news
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