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Storie dai Tropici

Ceppi di malaria resistenti ai farmaci di ultima generazione

(Bangkok, Thailandia - 6/4/2012)

Vi ricordate della clorochina? Si usava negli anni settanta per trattare gli attacchi di malaria. Era il farmaco di prima linea, economico ed efficace; poi però smise di funzionare. Con il tempo il parassita responsabile dell'infezione, il Plasmodium falciparum, si era evoluto, diventando resistente ai preparati a base di clorochina. L'impatto nell'Africa subsahariana fu drammatico e la mortalità da malaria aumentò in modo esponenziale, soprattutto tra i bambini.

Oggi sta accadendo la stessa cosa con i preparati a base di artemisinina, il trattamento che negli ultimi anni ha contribuito a salvare vite umane e a ridurre il tasso di mortalità della malaria in tutto il mondo, l'unico raccomandato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. E chi sognava un futuro senza malaria deve purtroppo ridimensionare le proprie speranze.

I primi ceppi di plasmodio resistenti all'artemisinina erano stati segnalati in alcune regioni della Cambogia già qualche anno fa. Ma nuovi dati confermano che le forme incurabili di malaria si stanno diffondendo nel sudest asiatico e sono ora presenti lungo il confine tra Birmania e Thailandia, ad oltre 800 km di distanza dal primo sito.
Uno studio congiunto, pubblicato ieri su Science e The Lancet, ha stimato che il 20 percento dei pazienti mostra resistenza all'artemisinina e che questo numero è in continua crescita.

La comunità scientifica è seriamente preoccupata. “Non ci sono nuovi farmaci in arrivo, se perdiamo l'artemisinina sarà come tornare indietro di 15 anni”, ha dichiarato il professor Nosten della facoltà di medicina tropicale alla Mahidol University di Bangkok.
Gli scienziati non sanno spiegarsi come e perché stia emergendo una resistenza all'antimalarico di ultima generazione in aree sempre più ampie; nasce spontaneamente all'interno di una popolazione oppure è diffusa dalle zanzare che trasportano il plasmodio? La risposta richiede un'analisi complessa; i ricercatori hanno però già messo in relazione la minore efficacia dell'artemisinina con alcune variazioni nel genoma dei parassiti e questo è un primo passo.
La questione è: quanto tempo ci metterà il plasmodio mutante a raggiungere l'Africa e le altre aree endemiche del pianeta e quanto tempo impiegheremo noi a trovare nuove soluzioni terapeutiche?

Nel frattempo le terapie combinate a base di artemisinina (artemisinin-based combination therapy, ACT) restano tuttora il trattamento di elezione in tutte quelle aree del mondo in cui è presente la malaria da P. Falciparum, che tra le cinque specie di plasmodio conosciute è la più aggressiva e potenzialmente letale. Eppure, a causa dei costi elevati delle terapie ACT, in molte zone dell'Africa si continua a far uso di antimalarici di vecchia generazione, giudicati in gran parte inefficaci, come la meflochina, la sulfadoxina e la stessa clorochina (ormai attiva solo nei confronti del P. Vivax).

Secondo quanto riportato nell'ultimo rapporto mondiale contro la malaria, 655.000 persone muoiono ogni anno a causa di questa malattia, più di una al minuto. Gran parte sono bambini e donne in gravidanza.

La malaria è anche una delle principali cause di malattia al ritorno da un viaggio nei paesi tropicali.
Non esistono vaccini né terapie farmacologiche efficaci al 100% e prive di effetti collaterali. E nemmeno esiste uno schema profilattico unico, adatto a chiunque. Ecco perchè la chemioprofilassi va sempre concordata, caso per caso, con il proprio medico di fiducia.
Invece, la protezione nei confronti dell'insetto vettore, la zanzare anofele, con repellenti, insetticidi e zanzariere, resta la principale misura per difendersi dall'infezione malarica, raccomandata a chiunque, compreso chi si è sottoposto ad una terapia farmacologica preventiva.

Altri dettagli: The Lancet
Leggi anche: La zanzara nemico pubblico numero uno


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