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Nuova Caledonia


Fa parte della costellazione di isole del Pacifico ma non attira grandi folle. La Nuova Caledonia, a metà strada tra Australia e Fiji, è fatta di un isolato frammento di piattaforma continentale, stretto 50 chilometri e lungo ben 400, che si chiama Grande Terre, e di un corollario di isole, isolotti e minuscoli banchi di sabbia corallina che emergono al largo delle sue coste.
A racchiudere l’intero territorio ci pensa la seconda barriera corallina al mondo per estensione, classificata patrimonio mondiale dall’UNESCO; ed è facile immaginare quale incantevole assortimento di coralli e creature marine vi si possa trovare.
Eppure questa terra di straordinaria bellezza non si è mai imposta come destinazione turistica degna d’interesse, perlomeno agli occhi degli europei.

La Nuova Caledonia è un concentrato di contraddizioni, è una delle terre più ricche del Pacifico ed è anche un paese dal destino incerto.
Il 44 percento della popolazione è di etnia kanak e ha i caratteri tipici della Melanesia: pelle scura, corpo tarchiato e capelli crespi. Le sue origini risalgono a oltre tremila anni fa, ai tempi della grande migrazione austronesiana.
A parte una piccola minoranza asiatica, il resto degli abitanti è di razza europea: sono i caldoches, arrivati qui solo nella seconda metà dell’800, quando Napoleone III annesse alla Francia il territorio della Nuova Caledonia e lo trasformò in un bagno penale per la deportazione di delinquenti comuni e oppositori politici che non trovavano più posto alla Cayenne. Scontata la pena, ai condannati era vietato rientrare in patria e non era concessa loro altra scelta se non quella di diventare coloni; cominciarono così a confiscare terreni, relegando gli autoctoni ai margini della società.
Da allora, le difficoltà di integrazione tra due culture profondamente diverse non sono mai state superate e la convivenza è vissuta tuttora con malessere e disagio sociale, soprattutto da parte dei kanak.

Il tricolore francese sventola sul territorio, ma forse ancora per poco. Nei prossimi anni si terrà un referendum per l'indipendenza e la Nuova Caledonia dovrà decidere se camminare con le proprie gambe oppure mantenere gli attuali legami con la Francia.
La questione è aperta: in quella nebulosa geografica e umana che ancora costituisce l’oltremare francese, questo paese è forse l’unico a potersi davvero permettere la piena indipendenza, grazie alle ricchezze che nasconde nel sottosuolo: rame, cobalto, ferro, ma soprattutto enormi giacimenti di nickel, di cui è il terzo produttore mondiale. Ricchezze che però sono la causa principale delle ferite inferte al suo ambiente dai tempi della colonizzazione ad oggi.
Anche qui dunque un destino incerto e una decisione da prendere: puntare sempre di più sull’industria estrattiva e assicurarsi un posto a pieno titolo tra le economie del Pacifico oppure seguire la strada della salvaguardia e abbracciare la causa ambientalista. Magari imponendosi tra i turisti con un’immagine di natura e avventura e non soltanto come alternativa alla Polinesia, che fa erroneamente ritenere la Nuova Caledonia una meta di seconda scelta.

La vocazione ecoturistica sta già nascendo e se ne accorgono quelli che vanno in Nuova Caledonia con lo zaino in spalla e tutti quei viaggiatori indipendenti che all’hotel di lusso preferiscono strutture più modeste, ma non per questo misere, gestite dalle comunità delle province kanak.
Qui le tradizioni sono esibite con orgoglio e, al tempo stesso, perfettamente integrate con la modernità: villaggi fatti di casette linde, circondate da siepi e giardini curati, accanto a capanne tradizionali con la flèche faitière sul tetto, la scultura di legno a forma di lancia simbolo della cultura indigena. E sopravvivono anche alcune pratiche del clan, come quella di ‘faire la coutume’, che consiste nell’offerta di doni al capo villaggio - del tessuto, un po’ di tabacco e una piccola somma in denaro - che viene ricambiata con gratitudine, rispetto e accettazione all’interno di una comunità fondata sulla condivisione dei beni.

Le aree abitate dai kanak sono quelle più intatte poiché i loro sistemi di pesca e di coltivazione, basati su antiche consuetudini, hanno conservato l’ambiente dal degrado: lo vedi nel verde brillante delle valli di Hienghène, tra la vegetazione tropicale e le piantagioni di igname, banane e taro, nelle acque trasparenti dei fiumi, delle cascate e delle lagune coralline.
Perciò, nonostante le vecchie e nuove cicatrici dell’attività estrattiva, che rende aride le colline ed espone estese parti delle montagne centrali all’erosione, le aree vergini e incantevoli sono ancora molte, tanto a Grande Terre quanto, soprattutto, nelle Loyauté e nella splendida Ile des Pins, da alcuni considerata una delle più belle di tutto il Pacifico.
E lo è davvero, con le sue araucarie maestose che rubano la scena alle palme da cocco, le sabbie impalpabili, le lagune e le piscine naturali che appaiono e scompaiono al ritmo delle maree tra i corridoi sabbiosi.
Allora la Nuova Caledonia è davvero un altro Pacifico, con un’identità troppo lontana dalle più turistiche Fiji, Hawaii o Polinesia francese, ma che proprio per questo motivo vale un viaggio.

continua a leggere: Perché andare - cosa puoi fare e cosa puoi vedere

     
     
     


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