Ebola non è un virus misterioso ma è circondato da un alone di mistero. Altre malattie infettive seguono uno schema ben preciso, alcune hanno un andamento stagionale e se ne conosce a fondo l'origine. Le epidemie di Ebola sono invece imprevedibili, non si sa dove si nasconde il virus nè quando si manifesterà. Ed è per questo che fa così paura.
Non ci sono cure né vaccini per proteggersi. Eppure per fermare l'avanzata del microscopico killer basterebbero un sistema sanitario efficace e il rispetto di elementari norme di igiene. Tutte cose che l'Africa ancora non ha.
La prima apparizione
1976, Repubblica Democratica del Congo (allora Zaire): una malattia sconosciuta si diffonde tra le foreste pluviali del bacino del fiume Congo. E' una forma di febbre emorragica ad evoluzione rapida ed inesorabile: si muore nel giro di pochi giorni e ogni dieci ammalati ne sopravvive uno solo. Quando scatta l'allarme l'epidemia è cessata quasi del tutto. I medici internazionali giunti sul posto possono solo tentare di ricostruire l'accaduto e identificarne la causa.
L'indagine epidemiologica mette in evidenza che il contagio si è diffuso a partire da un piccolo ospedale nella Misione Cattolica di Yambuku, nel nord del paese. Il primo caso sembra essere un paziente ricoverato per un presunto attacco di malaria, cui viene somministrata clorochina per via endovenosa. La struttura dispone di cinque siringhe e cinque aghi, sottoposti ad una blanda sterilizzazione mediante bollitura solo alla fine della giornata dopo essere stati usati su decine e decine di pazienti. Inoltre lo staff ospedaliero non fa uso di guanti, mascherine o altre barriere per evitare il contatto con fluidi biologici potenzialmente infetti.
Nel giro di pochi giorni la malattia è trasmessa agli altri pazienti ricoverati e allo stesso personale sanitario, che viene praticamente decimato dall'infezione. La piccola struttura collassa e l'epidemia, amplificata all'interno dell'ospedale, si propaga velocemente nei gruppi familiari e si diffonde tra una popolazione che per stile di vita e condizioni sociali è facilmente esposta al contagio.
Intanto dai campioni di sangue dei soggetti infetti viene isolato ed identificato l'agente eziologico, la causa della malattia. Si tratta di una delle forme di vita più elementari che si conosca, un guscio di materiale proteico contenente un sottile filamento di RNA. Un virus, che viene chiamato Ebola.
Le tappe
Nello stesso anno scoppia un focolaio di febbre emorragica in Sudan. Si tratta di Ebola, ma non è lo stesso ceppo che ha colpito il Congo, è un suo gemello aggressivo anche se non altrettanto letale. Dopo il 1979 più niente. Per 15 anni Ebola non si fa vedere. Dove vive e in quali ospiti si nasconde?
Nel 1995 il virus riappare in Congo e scoppia una nuova epidemia. Stavolta l'intervento medico internazionale è quasi immediato e anche la copertura mediatica è ampia, è evidente che il tema stimola le fantasie e cattura l'interesse di un vasto pubblico che ha sentito parlare di Ebola attraverso film o racconti, come The Hot Zone, best seller di Richard Preston (pubblicato in Italia con il titolo Area di Contagio).
Sull'onda dell'emozione piovono donazioni e fondi pubblici. Si conducono ricerche approfondite, si acquisiscono nuove conoscenze sul meccanismo di azione e sulle modalità di trasmissione da uomo ad uomo, si ipotizzano schemi terapeutici ma per ciò che riguarda la sorgente dell'infezione e i reservoir del virus la strada è ancora piena di ombre.
Ebola oltrepassa le frontiere
La peggiore epidemia di Ebola comincia nel marzo del 2014 in Africa occidentale. Il primo focolaio scoppia in Guinea, le equipe di Medici senza Frontiere, da sempre impegnate sul campo, lanciano l'allarme. Ma siamo solo all'inizio è una questione “locale” che non preoccupa nessuno. Negli anni precedenti c'erano state puntate epidemiche qua e là, sempre nelle stesse nazioni centroafricane. Focolai di poche decine o centinaia di casi, che si estinguevano senza mai superare i confini nazionali.
Questa volta invece l'epidemia si allarga e dalla Guinea si diffonde a Liberia, Sierra Leone e alla popolosa Nigeria, la cui capitale, Lagos, da sola conta cinque milioni di abitanti.
Con il passare dei mesi aumenta il numero di ammalati e il bilancio dei morti sale drammaticamente. In Agosto le vittime del virus sono più di mille. Ebola è sfuggito dalle foreste e circola nelle aree urbane e nelle capitali affollate. In Sierra Leone vengono poste limitazioni alla circolazione, chiudono cinema e stadi.
In Europa l'epidemia fa notizia e riempie le pagine dei giornali risvegliando vecchi incubi e l'antico timore del contagio, dell'altro. L'Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara Ebola “un'emergenza internazionale”, un annuncio che dice tutto e non dice niente. E che non serve a fermare l'epidemia. Ma quando c'è un'emergenza possono essere messe in atto misure straordinarie. Come quelle di adottare terapie sperimentali e accelerare la messa in commercio di nuovi vaccini. E' l'avvio ad una nuova corsa all'acquisto di farmaci inutili?
Identikit di un virus emorragico
Dalle immagini al microscopio elettronico Ebola appare come un cordino aggrovigliato; è un Filovirus, lo stesso genere a cui appartiene anche il Marburg, altro temibile virus emorragico.
Di Ebola ne esistono cinque sottotipi, ognuno con un diverso profilo: Zaire, Sudan, Bundibugyo (isolato in Uganda) e Costa D'Avorio che è responsabile di un solo caso, non fatale. Invece il quinto, il Reston virus, infetta alcuni primati ma non l'uomo. Questo ceppo è stato introdotto nel 1992 anche in Italia da scimmie macaco infette importate dalle Filippine.
Ebola Zaire, con il suo tasso di letalità che sfiora il 90%, è considerato il più pericoloso in assoluto.
Modalità di trasmissione e sintomi
Al pari di tutti i virus Ebola è un parassita obbligato e ha quindi bisogno di un organismo vivente in cui potersi replicare. Per farlo ordina alla cellula ospite di produrre infinite copie di se stesso. Un meccanismo semplice, quasi banale, ma di straordinaria efficacia.
Entrato nell'organismo umano, Ebola si trasmette attraverso il contatto con sangue, fluidi e secrezioni corporee di un individuo infetto e con l'uso di aghi o strumentazione contaminata.
La malattia insorge dopo un periodo di incubazione che oscilla da 2 a 21 giorni e si manifesta con febbre, mal di testa, dolori muscolari e addominali, congiuntiviti, eruzioni cutanee o altri sintomi aspecifici, che rendono difficile una pronta diagnosi.
Nel giro di pochi giorni, se il malato non riesce a sviluppare una robusta risposta immunitaria, il decorso della malattia si complica e porta alla morte tra grandi sofferenze, sanguinamenti ed emorragie generalizzate, raccapriccianti sia per il malato sia per chi gli sta accanto.
Riserve d'infezione
Dove si rifugia Ebola tra un'epidemia e l'altra? Non si sa, il virus uccide così velocemente da far perdere le proprie tracce, cosicché la o le specie animali in cui Ebola vive e si moltiplica prima di passare all'uomo rimangono sconosciute.
L'ipotesi più accreditata vede alcune specie di pipistrelli frugivori molto comuni in Africa come possibili riserve naturali del virus. La trasmissione dal pipistrello all'uomo potrebbe essere diretta oppure mediata da ospiti intermedi, quali scimmie antropomorfe, porcospini, piccole antilopi e chissà cos'altro in quel vasto campionario di animali selvatici che popolano le foreste e della cui carne si nutre la popolazione residente. Ma di nuovo, è solo un'ipotesi.
Prevenzione
Secondo Craig Manning, esperto virologo del Center of Disease control and Prevention (CDC) che si è trovato più volte nel mezzo di un'epidemia, è più facile prendersi l'influenza che il virus Ebola. Non è un paradosso.I virus influenzali si trasmettono per via aerea, per essere contagiati basta un contatto casuale, come trovarsi accanto ad un malato che starnutisce. I numeri parlano chiaro: negli ultimi 38 anni, cioè da quando Ebola è apparso per la prima volta, il micidiale virus emorragico ha fatto poco meno di 2000 vittime, l'influenza ha ucciso novanta milioni di persone
Per il contagio da Ebola è necessario il contatto diretto con sangue e fluidi biologici infetti. In altri termini basta rispettare le più comuni norme d'igiene. Questo è il principale motivo per il quale nei paesi occidentali il virus avrebbe vita breve.
Le particelle virali vengono inattivate dai disinfettanti chimici di comune uso ospedaliero e persino da alcuni detergenti. Per le categorie ad alto rischio, come gli operatori sanitari che trattano e assistono i malati, è obbligatorio indossare dispositivi di protezione individuale, maschere guanti e indumenti adatti. Altrettanto importante è riconoscere prontamente la malattia e provvedere al contenimento dell'infezione, tramite isolamento e quarantena del malato.
Trattamento e cura
Non esiste al momento alcuna terapia specifica che possa curare un malato di Ebola. Il trattamento si limita ad una terapia di supporto e al mantenimento per quanto possibile delle condizioni del malato.
Nel corso dell'epidemia scoppiata in Africa occidentale in cui sono rimasti contagiati numerosi operatori internazionali, è stato in alcuni casi autorizzato l'uso di terapie sperimentali, che non hanno completato le normali fasi di sviluppo clinico.
In particolare si parla di un farmaco biotech che ha dato risultati promettenti su alcune specie animali ma non è mai stato testato sugli esseri umani; non dà certezza di guarigione e potrebbe persino arrecare danni alla salute. Per avere un profilo di efficacia e di sicurezza sarebbero necessari almeno altri due anni di sperimentazione.
La decisione se utilizzarlo o meno in casi disperati è una questione squisitamente etica. L'ostacolo principale è invece la disponibilità delle dosi, dal momento che le aziende farmaceutiche non sono in grado di produrne grandi quantità.
Non sono ancora disponibili vaccini il cui uso sia stato approvato dalle autorità. Ci sono però diversi candidati in fase di sperimentazione, realizzati utilizzando virus ingegnerizzati con le più moderne biotecnologie.
Il vaccino che la multinazionale GlaxoSmithKline sta sviluppando in collaborazione con il National Institutes of Health si trova in fase relativamente avanzata e ha dato buoni risultati. Dall'OMS annunciano trionfanti che potrebbe essere disponibile già dal 2015. Ma è la stessa azienda farmaceutica che deve smentire: ci vorranno anni prima che il nuovo vaccino potrà essere somministrato.
Consigli per chi deve viaggiare in Africa Occidentale
Per il momento chi ha necessità di viaggiare nelle aree interessate dall’epidemia può minimizzare i rischi, attuando delle semplici precauzioni che consistono in:
mantenere un alto livello di igiene personale;
evitare ogni contatto con sangue e fluidi corporei di persone o animali;
evitare di maneggiare oggetti che possono essere stati a contatto con sangue e fluidi corporei di persone o animali potenzialmente infetti;
evitare il contatto con animali selvatici, vivi o morti.
In caso di malessere (febbre, mal di testa, indolenzimento, gola infiammata, diarrea, vomito, dolori di stomaco, eruzioni cutanee e occhi arrossati) richiedete immediatamente assistenza medica eventualmente rivolgendovi al personale delle nostre Ambasciate ( ricordiamo che se non è presente l’Ambasciata o il Consolato Italiano è possibile richiedere assistenza ad un’altra qualsiasi Ambasciata di un paese comunitario).
Se i suddetti sintomi si dovessero manifestare entro 3 settimane dopo il ritorno in Italia rivolgersi, a scopo precauzionale, al proprio medico di famiglia informandolo del recente viaggio in Africa Occidentale.
Hai un sito o un blog? PaesiTropicali.com ti è piaciuto? allora regalaci un Link Con il tuo aiuto il nostro portale diventerà sempre più utile e interessante. Grazie.