
Storie dai Tropici
Guerra delle banane: è davvero la fine?
(Ginevra, Svizzera – 25/11/2009)
Si preannuncia un cessate il fuoco per la guerra delle banane, la più lunga e penosa battaglia commerciale degli ultimi anni.
In questi giorni nelle stanze di Ginevra, dove si riuniscono i burocrati del WTO, voci sempre più insistenti parlano di un’imminente chiusura del contenzioso tra USA ed UE sul commercio internazionale delle banane, che va avanti ormai da 16 anni. Ad un accordo sembrava si fosse arrivati già l’anno scorso ma, di fatto, tutto è poi rimasto nei cassetti.
Ormai siamo alla stretta finale: l’Europa accetterà di sottostare alle richieste del WTO e ridurrà progressivamente i dazi doganali alle “dollar bananes” importate dall’America Latina, in maggior parte prodotte e distribuite dalle multinazionali statunitensi. Nel corso della lunga battaglia commerciale, l’Unione europea è stata più volte accusata di mancato rispetto degli accordi di libero commercio per aver applicato tasse alle dollar bananas e, al tempo stesso, concesso privilegi fiscali alle cosiddette banane ACP, coltivate dai piccoli produttori di 70 paesi di Africa, Caraibi e Pacifico, alcuni dei quali sue ex colonie.
Saranno perciò società dalla reputazione non proprio rispettabile, quali Chiquita, Dole e Del Monte, le prime a guadagnarci. Contenti anche i paesi esportatori latinoamericani, da lunghi anni schierati a fianco degli USA nella battaglia contro i dazi europei. Ma è un circolo vizioso: in Costa Rica, Colombia, Panama e Honduras, tanto per citarne alcuni, la produzione delle banane è comunque controllata dalle multinazionali americane, mentre solo in Ecuador il ruolo di quest’ultime è marginale.
A perderci saranno sicuramente i piccoli produttori indipendenti caraibici, soprattutto St. Lucia, Dominica, St.Vincent e le Grenadine, dove la coltivazione di banane destinate all’esportazione copre una percentuale di reddito che sfiora in alcuni casi il 90%. Il che significa che diverse migliaia di persone perderanno l’unica fonte possibile di lavoro e di onesto guadagno. Lo stesso vale per gli altri paesi poveri appartenenti alla lista ACP, che hanno finora goduto di un accesso privilegiato al mercato europeo, in virtù della loro oggettiva impossibilità a competere con le grandi multinazionali della banana.
Secondo quanto riportato nei preliminari dell’accordo, contemporaneamente alla riduzione dei dazi doganali sulle banane da dollaro, che sarà avviata progressivamente nei prossimi 7 anni, è prevista una compensazione ai paesi ACP, pari a 190 milioni in 4 anni. In altre parole, si tratta di un obolo chiamato “banana-accompanying measures”, che l’Europa concede ai produttori indipendenti per aiutarli a diventare più competitivi e ad arginare, almeno in parte, le disastrose perdite che il settore bananiero di questi paesi dovrà presto affrontare. Come possano fare i produttori che hanno solo modesti appezzamenti di terreno a conquistarsi una fetta di un mercato controllato per i due terzi dalle multinazionali, rimane un mistero.
Il risultato più prevedibile è l’invasione sulle tavole europee di banane a basso costo, meno care all’origine in quanto prodotte in piantagioni estensive e con manodopera sfruttata e sottopagata. Certo i consumatori di banane con il bollino blu pagheranno di meno il frutto tropicale più amato in occidente; ma reggerà il mercato delle banane solidali, dove si punta invece a condizioni più giuste e ad un guadagno dignitoso anche per i lavoratori più svantaggiati?
Dossier Tropici: Le repubbliche delle banane
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